LIVING UNDOCUMENTED – Vite Clandestine.

Recensire questa docuserie non è facile, così come non lo è stato guardare i sei episodi che la compongono.
Tuttavia, proverò ad essere il più oggettiva possibile, in modo da darle giustizia e non rischiare di perdermi in considerazioni dettate perlopiù dalle emozioni.

Di cosa stiamo parlando?

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Living Undocumented, conosciuto in Italia come “Vite clandestine”, è una serie prodotta da Selena Gomez e Mandy Teefey e distribuita da Netflix.
Sei episodi dalla lunghezza di quaranta minuti circa ripercorrono le vicende di otto famiglie statunitensi in seguito all’entrata in vigore dell’immigration policy sotto la presidenza Trump.
“Cos’hanno di speciale queste famiglie?” vi starete chiedendo. Semplice: uno o più membri di esse sono “irregolari” dal punto di vista dei documenti di cittadinanza in quanto sono precedentemente entrati nel paese per sfuggire a scenari di guerra e povertà. Hanno aspirato alla realizzazione del cosiddetto “American Dream”, e per un po’ ci sono riusciti.

Come un fulmine a ciel sereno

Prima che possiate pensare “eh ma se erano irregolari allora sono dalla parte del torto” vi fermo subito. Non è così facile come sembra. Quando si entra negli Stati Uniti, per non risultare immigrati clandestini bisogna richiedere la Green Card, un documento che riconosce la cittadinanza statunitense e la regolarità del soggiorno. Purtroppo, soprattutto se si tratta di una fuga dal proprio paese avvenuta moltissimi anni fa a causa di guerre, povertà e incolumità personale, possono passare anni prima di ottenerla una volta fatta richiesta. Il suo rilascio non è neppure assicurato, e si rischia di essere rimandati nello stato di provenienza; ragion per cui, molte persone vi rinunciano a prescindere.
Tutto sembrava procedere bene nelle loro vite e dinamiche familiari, finché Trump non ha vinto nel 2016 e ha fatto crollare ogni loro certezza, soprattutto in ambito di sicurezza e tutela, attraverso l’adozione di una nuova politica migratoria.

Sei puntate, otto famiglie, milioni di persone.

Veniamo a noi. Personalmente, trovo sia uno dei prodotti Netflix meglio riusciti. Incentrarsi su temi così delicati senza lasciar trapelare un minimo di osservazioni o commenti sulla politica è difficilissimo, soprattutto di questi tempi. A parte le menzioni dei diretti interessati, il focus è stato interamente sulle vite delle persone coinvolte, sulla tragicità e l’ingiustizia delle loro storie e situazioni attuali.

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Famiglie distrutte, rimandate nei paesi di origine o comunque in una sorta di limbo in cui bisogna regolarmente presentarsi ai centri immigrazione per dei controlli. Tutto potrebbe cambiare da un momento all’altro, e le persone coinvolte lo sanno, ma la speranza è sempre l’ultima a morire.

Piccola riflessione personale

Guardare questa docu-serie non è stato facile: si tratta di un viaggio ricco di tristezza, amarezza e angoscia nell’apprendere passo per passo le sorti di queste famiglie. Sarebbe “bello” se fosse una realtà circoscritta al documentario, ma purtroppo non è così. Ogni anno milioni di persone sono costrette ad abbandonare le proprie vite, amicizie, abitudini solo per degli errori commessi anni e anni fa. Se prima questa situazione si palesava solo nei casi di crimine, adesso si applica a chiunque abbia commesso un danno dal punto di vista legale e un’infrazione delle norme.

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Vi voglio lasciare con una piccola riflessione. Molto spesso, diamo per scontata la presenza dei nostri familiari, o comunque dei nostri affetti, nella nostra vita. Molto spesso, non ci accorgiamo di quanto la quotidianità possa fare bene. Immaginiamo per un momento di essere strappati brutalmente dalla nostra realtà per colpa delle nostre origini: il mondo ci crollerebbe probabilmente addosso.
Ed è proprio così che si sentono le vittime del sistema americano.
Non diamo MAI per scontato tutto ciò che fa parte delle nostre vite, perché potremmo perderle da un momento all’altro per una qualsiasi ragione. Ricordiamoci sempre di mostrare affetto e gratitudine, perché forse un giorno non potremmo più farlo.
Meglio perdere un attimo del proprio tempo così ora, che una vita intera dopo.

Ilaria

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