MINDHUNTER

SINOSSI

Basata sul libro Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer, questa serie tv di produzione Netflix racconta come, alla fine degli anni ’70, alcuni agenti dell’FBI abbiano dato vita ad un nuovo ramo investigativo che tutt’ora viene utilizzato e studiato da agenti e psicologii di tutto il mondo.

Il negoziatore insoddisfatto Holden Ford (personaggio ispirato dall’autore del libro John E. Douglas), l’agente dell’unità comportamentale Bill Tench e la dottoressa Wendy Carr mettono su una squadra nel tentativo di riuscire a studiare un nuovo tipo di assassino, nominato serial killer. Per riuscire nel loro intento l’accoppiata Ford e Tench inizia a girare per le prigioni americane, intervistando i maggiori pluriomicidi dell’epoca.

LA PRIMA STAGIONE

L’aggettivo migliore con cui descriverla è affascinante.

Veniamo catapultati in prima linea, dietro al tavolo in cui i nostri agenti ancora inesperti, conducono le interviste. Ci vengono presentati serial killer del calibro di Ed Kemper e Richard Speck senza filtri e per la prima volta davanti a spettatori che vogliono davvero ascoltare ciò che hanno da dire. I dettagli sono scabrosi, i motivi dietro gli omicidi ambigui, tutto fa accapponare la pelle ma non si scende mai nei dettagli grafici.

La serie è molto grigia, priva di sangue spettacolare, teste mozzate o cadaveri in bella vista, ed è proprio questo a renderla così viva. Sono sufficienti i dettagli dei killer stessi per far galoppare la fantasia negli spazi più oscuri e reconditi della mente e ad aiutare è decisamente la cura con cui è stato scelto il cast. La somiglianza con i reali serial killer è a dir poco inquietante. Se non fosse, infatti, per la magistrale bravura alla regia, impossibile da ignorare, ci si dimenticherebbe di star guardando una serie tv e non un documentario di prima scelta.

LA SECONDA STAGIONE

Approdata da poco su Netflix, dopo quasi due anni di attesa, questa seconda stagione ci dà molti più attimi di respiro rispetto alla prima. Le interviste ai serial killer sono minori in quanto il caso principale seguito dai nostri agenti è solo uno svoltosi ad Atlanta.

Se nella prima stagione l’unità sembrava più focalizzata sullo studio di questi serial killer, in questa seconda stagione quanto imparato viene messo in pratica con estrema perizia, dimostrando la validità delle loro teorie. Nonostante il mio estremo interesse per le interviste dei nuovi serial killer presentati (Charles Manson, Tex Watson e Son of Sam) la storyline per cui ho letteralmente divorato tutti gli episodi della stagione è stata quella della vita privata dell’agente Tench.

Dopo tutti gli studi e l’impegno nel suo lavoro, egli inizia a notare come molti dei tratti da lui studiati nei serial killer ricompaiano in suo figlio, un bambino che sin dalla prima inquadratura mi ha trasmesso un forte senso di inquietudine che sembra raggiungere l’apice al termine di questa stagione.

ALCUNI ASPETTI NEGATIVI

L’unica pecca in questa perla di serie è forse quello di aver messo troppa carne al fuoco.

Per esempio: la storia omosessuale della dottoressa Carr. Mi è sembrata affrettata e conclusasi in modo impacciato nell’arco di pochi episodi. Allo stesso modo il fidanzamento fallimentare di Ford nella prima stagione, mai più riportato a galla o affrontato dal protagonista. E per quanto riguarda gli attacchi di panico dell’agente Ford? L’argomento viene trattato nei primi due episodi. Dopo di che nessuno ne fa più parola, il valium scompare e molti atteggiamenti dello stesso agente ci indirizzano di più verso un disturbo ossessivo compulsivo di cui invece non viene mai accennato nulla.

Spero vivamente quindi che nelle prossime stagioni (si vocifera che in totale saranno cinque) vengano ripresi i punti sopra elencati, in quanto aiutano la caratterizzazione dei nostri personaggi.

IL PERFEZIONISMO FINCHERIANO

Ricordate la ripresa dall’alto della macchina che, per le strade spoglie, gira l’angolo e arresta il suo corso? Rivediamo la stessa inquadratura proprio nella prima stagione di Mindhunter. Come fan sfegatata dei lavori di Fincher, dunque, non ho potuto non sorridere come una bambina il giorno di Natale.
Durante le interviste la telecamera ruota attorno agli attori, ci mostra le schiene sudate degli agenti per sottolineare l’ansia di un momento così intenso e unico, si sofferma sui volti, sulle mani, perché ogni dettaglio conta.

Le immagini sono sempre pulite e la fotografia è cupa, adatta ai temi trattati senza scadere nel cliché.

A farmi amare il genio dietro la produzione di questo piccolo capolavoro è stata senza dubbio una scena in particolare, tratta dalla seconda stagione. Vediamo l’agente Ford intento a trasportare una croce che dovrebbe essere posizionata ai piedi della chiesa. Qui un corteo commemorativo per le vittime degli assassini di Atlanta troverà la meta finale. Ford si rende però conto di essere in ritardo. Come un pazzo inizia a correre mentre la telecamera lo segue, i colori si fanno nitidi e una grana scura ricopre la pellicola. La musica durante questa scena è a dir poco raccapricciante, la corsa durerà sì e no due minuti eppure sembra infinita. Toglie il respiro e noi viviamo ogni attimo di panico come se ad affannarci fossimo noi.

COSA CI ASPETTA

E’ dalla prima stagione che, in spezzoni di pochi secondi, ci viene anticipato quello che sarà il fulcro delle stagioni successive. Un serial killer che ha fatto la storia e che è stato catturato soltanto nel tardo 2005. Un personaggio che di conseguenza avrà ancora molto tempo nella serie tv per emergere, trasformando le sue devianze sessuali iniziali in pulsioni violente. Mi riferisco a Dennis Lynn Rader, meglio conosciuto come BTK killer, acronimo per bind, torture and kill. La stagione finisce proprio focalizzando l’attenzione su di lui, dandoci l’ennesimo assaggio delle follie che ci aspettano.

Spero vivamente che questa serie venga maggiormente riconosciuta, per la sua attenzione ai dettagli, per la sua fedeltà ai fatti e per l’innegabile impegno e bravura di tutto il cast coinvolto.

Nel mio piccolo,quindi, spero di essere riuscita nell’intento di convincere almeno uno di voi a darle una chance perché né Criminal Minds né NCIS raggiungeranno mai la vetta da cui Mindhunter troneggia.

Voto: 9/10

Alicia.

Alicia

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