THE TROUBLES: 3 film da vedere assolutamente

There’s many lost, but tell me who has won

Per quanto spesso si cerca di dimenticarli, rimuoverli dalla storia, i Troubles restano una delle pagine più drammatiche della storia della nostra Europa moderna e democratica. Iniziati ufficialmente nel 1969, dopo l’invio di numerose truppe inglesi nell’Irlanda del Nord e sempre ufficialmente terminati nel 1998 con la ratifica del Good Friday Agreement, i Troubles hanno causato più di 3000 morti, l’ultima di loro la giornalista Lyra McKee, uccisa durante degli scontri avvenuti a Derry il 18 Aprile 2019.

Come spesso accade, dalle pagine più oscure e violente della storia, nascono i film più inaspettati, capaci di raccontare queste tragedie con quell’umanità dimenticata nel momento stesso si imbraccia un’arma con l’intenzione di uccidere. Un’umanità necessaria per raccontare quelle 3000 vite spezzate e le macerie di un paese che non tornerà più quello di prima.

Nel Nome del Padre

I’m a free man, and I’m going out the front door

Capolavoro di Jim Sheridan, Nel Nome del Padre racconta la vera storia di Gerry Conlon e di suo padre Giuseppe, condannati ingiustamente per l’attentato in un pub di Guildford nel 1974 . Gerry e altri tre ragazzi – che verranno soprannominati i Guildford Four – vengono condannati all’ergastolo, mentre Giuseppe a 15 anni per un reato che non hanno mai commesso. Non penso di aver bisogno di specificare che tutte le condanne si basano su prove debolissime, confessioni false estorte dalla polizia inglese dopo giorni di violenze e minacce.

Il film non è però una storia sui Troubles, sull’IRA e sulla giustizia inesistente, questi sono solo uno sfondo rumoroso dietro alla vera trama. Nel Nome del Padre è un film che racconta la storia di un padre e di suo figlio, due facce della stessa medaglia che non potevano essere più diverse ma che il destino – e una buona dose di ingiustizia e corruzione – vorrà nella stessa prigione. La vera storia che questo film racchiude è come Gerry riesca finalmente ad accettare e farsi accettare da suo padre, dopo una vita passata a chiedersi se suo padre davvero tenesse a lui. La storia di come per anni Gerry Conlon si è battuto per ottenere giustizia anche per suo padre, nel nome di suo padre, morto in prigione poco prima la verità venisse a galla nonostante i tentativi avversi della polizia inglese incapace di ammettere i suoi errori.

Il film è stato candidato a ben sette premi Oscar nel 1994, tra cui Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista a Daniel Day – Lewis e Miglior Attrice non Protagonista a Emma Thompson, trovando subito un posto nella lista di quei film che devono assolutamente essere visti.

Hunger

I have my belief, and in all its simplicity that is the most powerful thing

È Steve McQueen a firmare la regia di Hunger, altro piccolo capolavoro cinematografico che merita molto più di quanto ottenuto fino ad ora. Michael Fassbender veste la pelle di Bobby Sands, attivista e politico nordirlandese, volontario della Provisional Irish Republican Army che per ottenere il riconoscimento dello status di prigionieri politici per i membri dell’IRA organizzò uno sciopero della fame in cui perse la vita.

Hunger lascia da parte le colline verdi e i cieli grigi dell’Irlanda, le bombe e le persone ammucchiate nelle strade. Tutto il film si svolge nell’ambiente angusto e soffocante del carcere di Long Kesh, nell’Irlanda del Nord. Carcere dove i prigionieri venivano letteralmente massacrati dalla polizia, ed è proprio sulla violenza che l’occhio di Steve McQueen si ferma, sul sangue e sulla sporcizia, sulle ossa troppo visibili dei prigionieri e la luce del sole quasi invisibile sui loro corpi. Ma la violenza sembra quasi arretrare, farsi solamente un sussurro, di fronte alla determinazione instancabile e quasi disumana di Bobby Sands disposto a lasciarsi morire di fame nella speranza che ai suoi compagni venga finalmente riconosciuto lo status di prigionieri politici.

Il film si chiude dicendoci che, no, il governo britannico non riconobbe mai ai detenuti lo status di prigionieri politici.

Il Vento che accarezza l’erba

Your presence here is a crime, a foreign occupation. You tell me what I’m supposed to do as a democrat. Turn the other cheek for another 700 years? Is that it?

Ambientato durante la Guerra d’Indipendenza Irlandese (1919 – 1921), Il Vento che Accarezza l’Erba – che deve il suo titolo alla canzone popolare The Wind That Shakes The Barley – è un film necessario se si vogliono capire le cause, ma soprattutto se si vogliono trovare le radici più profonde dei Troubles.

Il film del 2006, diretto da Ken Loach, vede Cillian Murphy nella parte di Damien O’Donovan, un giovane medico in procinto di lasciare l’Irlanda per lavorare in un ospedale di Londra. Damien, a differenza di suo fratello che milita nell’IRA, sa bene che sconfiggere l’esercito britannico in Irlanda è impossibile, vista soprattutto l’inferiorità numerica dell’IRA.

La vita di Damien cambia radicalmente poco prima che possa salire su quel treno che lo avrebbe portato via per sempre dall’Irlanda. Sarà proprio quell’ennesimo episodio di violenza inaudita e ingiustificata da parte dei soldati inglesi che lo convincerà a restare in Irlanda e a combattere per la liberazione del suo paese.

Quando vengono resi noti i termini del trattato anglo-irlandese, l’IRA si divide sull’opportunità o meno di accettare le condizioni del trattato, che concederebbe all’Irlanda solo un’indipendenza parziale e molto debole. Damien, nonostante la nascita dello Stato Libero d’Irlanda però continuerà a lottare per quella che crede essere la vera giustizia.

Il filo conduttore

Il tema costante, il filo conduttore di questi film è la giustizia, o più precisamente la mancanza di essa. La stessa giustizia che gli inglesi hanno negato a Gerry e Giuseppe Conlon, e quella per cui pochi anni dopo Bobby Sands si è letteralmente lasciato morire di fame, la stessa giustizia che si è presa 3000 vite di cui ancora oggi nessuno vuole prendersi la responsabilità.

Sara

Sara

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