THE KNICK

Tra le tante serie che non meritavano di essere cancellate non si può non citare The Knick, la serie del 2014 scritta e diretta da Steven Soderbergh. Una serie brillante e a dir poco geniale che ci regala una delle migliori interpretazioni di quel mostro di attore che è Clive Owen.

“In the blackest darkness even a dim light is better than no light at all”

Knickerbocker Hospital

Lo serie – di purtroppo sole due brevi stagioni –  segue le vicende dello staff e dei pazienti del Knickerbocker Hospital di New York all’inizio del ‘900, quando la chirurgia cominciava a muovere i primi passi, cercando di affermarsi come scienza vera e propria, e quando i chirurghi erano ancora visti come dei macellai ben vestiti.

La trama si concentra su quella figura enigmatica e decisamente poco conformista che è il dottor John Thackery, primario di chirurgia dell’ospedale. Thackery è senza dubbio uno dei migliori, se non addirittura il migliore, fra i chirurghi di New York, se non fosse per la sua dipendenza da cocaina e la sua abitudine di fare sempre le cose in grande, trasformando il Knick in un circo.

La situazione già abbastanza complicata del Knick, che economicamente parlando non naviga in buone acque a cui si aggiunge anche la personalità stravagante di Thackery che non aiuta sicuramente, viene stravolta dall’arrivo di Algernon Edwards. Edwards è un brillante dottore laureato ad Harvard e che possiede tutte le carte in regola per poter essere il secondo chirurgo dell’ospedale, se non fosse per il colore della sua pelle e, diciamocelo, nella New York del 1900 essere una persona nera non era certo divertente.

L’anima della serie

Soderbergh è riuscito a dar vita a una piccola opera d’arte con The Knick, una serie che non solo può contare su un cast straordinario, una trama che non delude mai e una soundtrack che sembra adattarsi a ogni scena come una seconda pelle, ma anche su qualcosa che spesso viene tralasciato. John Thackery è il protagonista della serie, ma alle sue spalle agiscono tutti gli altri personaggi secondari che, episodio dopo episodio, si rivelano pezzi fondamentali del puzzle che è The Knick.

“God’s not watching. He’s too busy not saving sick children and letting people starve. But if he does exits, he’s the one that should be doing the atoning, not you”

Nessun personaggio viene dimenticato, lasciato ai margini sbiaditi della serie, ma ognuno di loro può vantare una sua propria storia personale e un proprio spazio in ogni episodio. È quindi la caratterizzazione così dettagliata dei personaggi – che riescono comunque a stupire puntata dopo puntata nonostante ci sembra ormai di conoscerli bene – il punto forte della serie, quella sorta di ciliegina sulla torna di cui The Knick poteva addirittura non avere nemmeno bisogno.

Una serie geniale

The Knick è una serie geniale, su questo non si discute. I suoi personaggi sono geniali. La trama è geniale. Persino il modo in cui tutto è trattato, avvolto da quell’alone di fuliggine perenne della New York agli inizi del 900, è geniale. Una serie tv che in solo 20 episodi riesce a ricreare quell’opera d’arte imperfetta che era la vita a New York in quegli anni. La vita di ricchi uomini bianchi, quella di un dottore di colore che deve battersi solo per il fatto di essere venuto al mondo, e quella di tre donne che sentono troppo stretto il vestito che la società ha tentato di cucirgli addosso.

“My whole life, these men who were supposed to show us how to live our lives, we were supposed to respect and trust and honor them. They’ve all disappointed me and betrayed me and thrown me away. Why do we let them?”

E, proprio come tutte le cose geniali, anche The Knick era destinata a morire giovane, venendo cancellata dopo la seconda stagione. Però possiamo consolarci sapendo di aver avuto un finale di stagione semplicemente…geniale in perfetto stile John Thackery.

Voto: 9.5

Sara

Sara

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