L’Arte della Gioia: gioie, dolori e premi (quasi a senso unico)

Cari Spoilerinos,
avete presente quando un libro sembra impossibile da adattare, e invece qualcuno ci riesce, pure bene? Ecco, L’arte della gioia di Valeria Golino fa proprio questo: prende il romanzo-monolite di Goliarda Sapienza e lo trasforma in un film a puntate che non ti chiede permesso prima di entrarti sotto pelle.

Alla cerimonia dei David di Donatello 2025 (quella con Elena Sofia Ricci e Mika in modalità “strana coppia ma funziona”), L’arte della gioia ha fatto incetta di premi pesanti: Miglior Attrice Protagonista per Tecla Insolia – una Modesta che non ha paura di essere scomoda – Miglior Sceneggiatura Non Originale, e Miglior Attrice Non Protagonista a Valeria Bruni Tedeschi, che ormai sa rendere memorabile qualsiasi ruolo. Brava Valeria, sempre la più punk di tutte con la faccia da principessa.

La regia di Golino non ha vinto (David andato a Maura Delpero per Vermiglio, anche lei super meritevole), ma diciamolo: Golino ci mette occhio, coraggio e cuore. Non ha paura di rendere il racconto viscerale, pieno di carne, rabbia e contraddizioni. Il risultato? Una miniserie che riesce a parlare di sesso, potere, autodeterminazione e Sicilia senza diventare un manifesto – anche se un po’ lo è.

Insolia è clamorosa. Il suo discorso ai David, tra “personalità scomode” e “corpi liberi”, era la chiusura perfetta di un cerchio che si apre con Modesta bambina e finisce con una donna che non chiede scusa a nessuno. Applausi veri.

Sì, è un film che richiede attenzione. Non si guarda mentre si scrolla TikTok. È denso, stratificato, pieno di simboli. Qualcosa dal romanzo inevitabilmente si perde – 700 pagine di Goliarda non stanno in quattro ore neanche se le spremi – ma quello che resta è potentissimo. Visivamente è bellissimo: paesaggi, luci, ambientazioni, tutto parla. Anche troppo, a volte. Ma va bene così.

Rispetto ad altri film premiati, L’arte della gioia è quello più ambizioso, meno “cool”, più divisivo. E onestamente? Meglio così.

Voto: 8.5/10
Per chi ama le protagoniste difficili, i romanzi impossibili, e il cinema che non vuole farti stare comodo. Brava Golino, brava Tecla, brava Goliarda (ovunque tu sia).
Alice

Alice

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